Le prime gocce della tempesta by Leonardo Bianchi

Le prime gocce della tempesta by Leonardo Bianchi

autore:Leonardo Bianchi [Bianchi, Leonardo]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Solferino
pubblicato: 2024-02-15T00:00:00+00:00


Anglin si riferisce a una precisa teoria del complotto: il «genocidio dei bianchi».

L’espressione compare per la prima volta nel 1972 su «White Power» («Potere bianco»), la rivista ufficiale del National Socialist White People’s Party, in un pezzo che si intitola Over-Population Myth Is a Cover for White Genocide («Il mito della sovrappopolazione è una copertura per il genocidio dei bianchi»).

L’articolo accusa le «campagne per il controllo delle nascite» di focalizzarsi solo sui bianchi e di non intaccare il resto del mondo non bianco, con l’esito di condannare alla scomparsa i primi.

Sarà David Lane a rendere popolare il tema decenni più tardi. Nel 1995, mentre è rinchiuso nel carcere federale di Terre Haute (lo stesso in cui finirà Roof), l’ex terrorista dell’Ordine pubblica il White Genocide Manifesto, il «Manifesto del genocidio dei bianchi».

È un testo breve e conciso, in cui il neonazista sostiene che i governi occidentali sono infiltrati dalla «cospirazione sionista», che punta a «imbastardire, sopraffare e sterminare la razza bianca».

Secondo Lane, il piano genocidiario si articola in vari modi: anzitutto nell’aborto, che porta al declino demografico; poi nell’aumento artificiale dei flussi migratori per abbattere i salari della classe lavoratrice bianca; e infine nei programmi di inclusione delle minoranze, volti a distruggere «il senso di unicità» e i «valori necessari alla sopravvivenza della nostra razza».

Della teoria esiste pure una variante europea chiamata «sostituzione etnica», elaborata tra Francia e Italia.

Uno dei primi a parlarne è lo scrittore francese Jean Raspail nel romanzo Il campo dei santi, uscito nel 1973.

Il titolo è preso da un passo dell’Apocalisse di Giovanni, mentre la storia narra l’invasione della Francia da parte di un milione di profughi indiani – guidati dal «coprofago», un migrante che di mestiere impasta escrementi, e da un «bambino-mostro» deforme – e il repentino collasso della società in un turbinio di esodi, rivolte, stupri e assalti ai supermercati.

Il libro è una lunga filippica contro i cosiddetti «buonisti» (preti, intellettuali, giornalisti, attivisti e politici di sinistra) e trabocca di descrizioni razziste.

La prima tiratura è limitata, così come la circolazione iniziale. Tuttavia, grazie al passaparola, Il campo dei santi diventa un testo di culto: vende decine di migliaia di copie in Francia e all’estero. Alla fine degli anni Ottanta viene tradotto negli Stati Uniti e finisce persino nelle mani di Ronald Reagan, che ne rimane impressionato.

Nella prefazione a una delle tante riedizioni, Raspail sostiene che il successo del libro sia velleitario. «Il nostro Occidente ipersensibile e cieco» scrive sconsolato «non ha ancora capito che i bianchi […] ora sono una minoranza, e che la proliferazione delle altre razze inevitabilmente condanna la nostra razza, la mia razza, all’estinzione.»

Negli anni Novanta il mito della «sostituzione etnica» approda in Italia, soprattutto per merito di Franco Freda – il noto estremista di destra che è stato implicato nella strage di piazza Fontana del 1969 e in seguito ha fondato il Fronte nazionale, una formazione sciolta nel 2000 con l’accusa di ricostituzione del partito fascista.

In un documento programmatico raccolto nel volume I lupi azzurri, Freda scrive che «l’insediamento di



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